Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

Romanzo Criminale: come cambiare la fiction italiana

Romanzo Criminale: come cambiare la fiction italiana

Quando, ormai oltre dieci anni fa, Sky decide di irrompere nel mercato delle serie tv, lo fa con un prodotto che avrebbe cambiato gli standard: Romanzo Criminale.

In realtà il canale satellitare era reduce da un primo, deludente, tentativo, Quo Vadis Baby? Di Gabriele Salvatores. Per Romanzo Criminale si tratta del secondo adattamento del romanzo di Giancarlo De Cataldo, dopo quello per il cinema di Michele Placido.

Il progetto è ambizioso, traghettare la fiction italiana verso gli standard internazionali delle migliori serie tv; nel 2008 le nostre produzioni sono ancora legate a schemi nazional popolari, tipici della tv generalista; personaggi tagliati con l’accetta tra buoni e cattivi, budget e cast non sempre all’altezza. Inoltre, ci sono assidui inserimenti di vip che poco hanno a che fare con la recitazione.

Certo, ci sono grandi eccezioni di successo; dalla mitica Piovra all’ottimo Commissario Montalbano, ma sono prodotti essenzialmente troppo italiani, per dirla con Stanis La Rochelle di Boris.

L’occasione di Romanzo Criminale è ghiotta; un plot intrigante ambientato nell’epoca forse più internazionale del cinema italiano, gli anni ’70 e un romanzo di qualità eccelsa. La scrittura secca e spietata di De Cataldo presenta la storia vera – seppur assai romanzata – della Banda della Magliana. La vera rivoluzione è in un artificio tanto suggestivo quanto rischioso; quello di presentare la storia dal punto di vista dei criminali, non giustificandoli ma proponendo una messa in scena che, per forza di cose, incoraggia lo spettatore a empatizzare coi personaggi.

Fin dai primi episodi si capisce che la scommessa è pienamente vinta. Stefano Sollima è un regista solido, che si è fatto le ossa proprio nella fiction da battaglia della Rai – Un posto al sole – e maneggia con sicurezza i fondamentali del cinema di genere; non a caso è figlio di Sergio, storico regista di Sandokan e di tanti gialli e poliziotteschi anni ’70. Il casting è fenomenale, quasi tutti attori emergenti se non all’esordio, ognuno con una faccia che sembra uscita da un western di Sergio Leone.

Il capo carismatico, il Libanese, è reso in tutta la sua debordante personalità da Francesco Montanari; il Dandi diventa un tutt’uno con Alessandro Roja; l’attore è abile nel far risaltare le sfumature del personaggio più viscido e insidioso della storia, tanto raffinato nelle apparenze quanto pericoloso nei comportamenti. Il Commissario Scialoja è un credibilissimo Marco Bocci. Andrea Sartoretti – già apprezzato in Boris – fa suo il Bufalo, tipica scheggia impazzita, capace del più efferato delitto come del più disinteressato gesto di lealtà.

Ma il personaggio che più di ogni altro rimane impresso di Romanzo Criminale è il Freddo, interpretato in modo ineccepibile da Vinicio Marchioni.

Già leggendo il romanzo si capisce come sia probabilmente il personaggio preferito dell’autore, intelligente e introverso fino al mutismo, leale e forse l’unico con un rigido codice morale. Eppure Marchioni riesce a dargli un’ulteriore sfumatura, rendendolo un personaggio che entra negli annali della televisione.

Eccellente la caratterizzazione del Terribile, a opera di  Marco Giallini, sempre a suo agio nei panni del villain, e quella di Patrizia, la mejo puttana de Roma, della bravissima Daniela Virgilio, un’attrice che spiace aver perso un po’ di vista. Ma tutti gli attori di Romanzo Criminale andrebbero citati, dai tanti caratteristi che compongono la banda coi loro soprannomi – Fierolocchio e Scrocchiazeppi su tutti – fino all’ultima delle comparse.

Apprezzabile anche la recitazione – sorprendentemente efficace – di Francesca Mastronardi.

Ancora due parole sulla ricostruzione. Si vede che Sky non ha badato a spese e quella che spesso è una nota dolente in questo genere, a dispetto di qualche lapsus – alcuni modelli di auto cronologicamente poco credibili – diventa un punto di forza. Dagli arredamenti in tipico space age design all’abbigliamento, tutto fa sì che lo spettatore sia immerso in quella decade irripetibile che è stata, nel bene e nel male, quella degli anni di piombo.

Per gli appassionati di auto la serie finisce per essere un vero scrigno delle meraviglie. Dalle Porsche usate a profusione, alle Alfa delle forze armate; dalla Lancia Fulvia HF celeste del Dandi alle Mini Cooper, fino alla carismatica Citroen Ami 6 del Freddo, le macchine sono le vere attrici non protagoniste di Romanzo Criminale.

Se vi siete persi questa pietra miliare, il consiglio è di procedere senza esitazioni al recupero, le due stagioni di Romanzo Criminale –  specie la prima – sono quanto di meglio si sia realizzato in Italia.

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