Impazzano in questi ultimi giorni le polemiche su Biancaneve, il bacio del principe e la Cancel Culture. In realtà, quello che sarebbe da discutere, è il fenomeno dell’Information Disorder.
Vi siete imbattuti in questi giorni nella polemica sul fatto che il bacio del vero amore che il principe scocca a Biancaneve non sia consensuale e quindi andrebbe rimosso dal film?
Sì?
Ok, sappiate allora di essere caduti in una delle più tipiche trappole dell’Information Disorder.
Questo perché – semplicemente – la polemica non esiste, nessuno ha chiesto la rimozione della scena e gli articoli delle testate servono principalmente a montare un caso che non esiste e – in definitiva – a farvi cliccare sull’articolo.
L’indignazione e le liti sotto ai commenti sono solo un effetto collaterale. I super reazionari con le vene del collo che si gonfiano per la rabbia e che mai nella vita si sarebbero potuti immaginare di parlare di Biancaneve, sono un effetto collaterale.
I propugnatori della cosiddetta Cancel Culture, quelli che si indignano pure perché Calimero è nero, pure quelli sono un effetto collaterale.
Vediamo come nasce un caso tipico di Information Disorder.
Su un blog californiano, chiamato SF Gate, due giornaliste di poca o nessuna influenza, scrivono la recensione di un’attrazione di Disneyland.
Nella recensione – positiva – dell’attrazione, ci si chiede come mai si sia voluta mantenere la scena, anacronistica, del bacio:
“La nuova corsa include una trama più completa, ma qui c’è un problema.
Il nuovo gran finale de Il desiderio incantato di Biancaneve è il momento in cui il Principe trova Biancaneve addormentata sotto l’incantesimo della Regina Cattiva e le dà il bacio del vero amore per liberarla dall’incantesimo.
Un bacio che le dà senza il suo consenso, mentre lei dorme, e non può essere vero amore nel momento in cui una sola persona sa cosa stia accadendo.
Non siamo già d’accordo sul fatto che il consenso nei primi film Disney sia una questione importante?
Sull’insegnare ai bambini che baciarsi quando non è stato stabilito se entrambe le parti siano disposte a impegnarsi non va bene?
È difficile capire come mai la Disneyland del 2021 scelga di aggiungere una scena con idee così antiquate su ciò che un uomo sia autorizzato a fare a una donna, soprattutto considerando l’attuale enfasi dell’azienda sulla rimozione di scene problematiche da giostre come Jungle Cruise e Splash Mountain.
Perché non reimmaginare un finale in linea con lo spirito del film e il posto di Biancaneve nel canone Disney per evitare questo problema?
In ogni caso, con le luci scintillanti tutt’intorno e gli splendidi effetti speciali, quella scena finale è eseguita magnificamente, a patto che la si guardi come una fiaba e non come una lezione di vita.”
Questa è – più o meno – la traduzione della parte finale della recensione.
Ora, è pacifico che si possa o meno essere d’accordo, ma stiamo parlando della recensione di una giostra su un blog di due sconosciute. Praticamente è come se il vostro barista esprimesse la sua opinione su Mourinho alla Roma e ne seguisse una polemica mondiale.
Dov’è la Cancel Culture che chiede di tagliare scene di vecchi cartoni Disney? Non c’è, mi dispiace.
Se avevate già immaginato corpi speciali di femministe in divisa invadere le scuole materne e le stanze dei vostri bambini per tagliare scene incriminate, peccato: non è così.
Come per Via col Vento censurato, come per il Lupin di colore, come per James Bond donna, non è vero niente.
Nulla.
Nisba.
La notizia – semplicemente – non esiste.
Le testate guadagnano coi click e l’indignazione vende, anche se non è l’alleata più razionale nei ragionamenti.
Ancora una volta, l’Information Disorder fa sì che non ci sia chi ha ragione e chi ha torto, proprio perché è la discussione che è fallace.
L’obiettivo sono i click.
L’effetto collaterale, che come fumo passivo avvelena anche l’aria di chi non cade nel tranello, è la morte dell’informazione corretta.
A favore di liti sterili, prese di posizione sempre più radicali, arroccamenti sulle proprie convinzioni.
Tutto per qualcosa che esiste solo nelle nostre teste.
Tra l’altro, come spesso accade, le polemiche riguardano la versione Disney di una fiaba tradizionale; be’ anche il buon Walt aveva riadattato per il politically correct dell’epoca la fiaba, edulcorandola non poco.
La vera storia di Biancaneve
La versione originale di Biancaneve, pubblicata dai Fratelli Grimm nel 1812, prendeva spunto da antichi racconti orali. Vediamo com’era la storia, prendendo spunto da Wikipedia:
“La madre di Biancaneve dopo essersi punta un dito, sogna di avere una bambina bianca come la neve, nera come l’ebano, rossa come il sangue. Rimane quindi incinta e partorisce una bambina. La mamma non muore, ma diventa gelosa di sua figlia quando Biancaneve compie sette anni, così chiede a un cacciatore di ucciderla e di portarle polmone e fegato della bambina, per cucinarli con sale e pepe. Biancaneve si rifugia presso i sette nani.
La madre si presenta da Biancaneve camuffata da vecchia merciaia, e regala alla figlia un pettine avvelenato. Il tentativo è sventato dai nani che sfilano il pettine dai capelli della bambina. Al secondo tentativo Biancaneve cade nel tranello: mangia la mela avvelenata e giace a terra come morta. Quando i nani la trovano pensano che sia troppo bella per seppellirla, così la mettono in una bara di cristallo con inciso il nome della bambina in lettere d’argento, e la tengono in casa per molto, molto, molto tempo. Il principe, passando di lì, si innamora perdutamente del cadavere e lo chiede in dono ai nani:
«La chiese allora in dono, ché non poteva più vivere senza averla sotto gli occhi, e disse che l’avrebbe innalzata e onorata come la cosa più cara al mondo. A quel punto i nanetti si impietosirono e gli consegnarono la bara. Il principe la fece trasportare nel suo castello e sistemare nei suoi appartamenti. Stava seduto lì, tutto il giorno a fissarla, senza riuscire a distogliere lo sguardo. E quando doveva uscire e non poteva guardarla era preso da umor nero, e senza la bara accanto non riusciva a mandar giù nemmeno un boccone.»
I servitori del principe, stanchi di scarrozzare la bara avanti e indietro, un giorno la aprono e se la prendono con il cadavere, tenendolo per le spalle e scuotendolo. In questo modo Biancaneve sputa il pezzo di mela e ritorna in vita:
«Allora accadde che i servi, che dovevano continuamente portare la bara avanti e indietro, cominciarono a irritarsi per la situazione, e, una volta, uno di loro scoperchiò la cassa, e, sollevando Biancaneve, dissero: “Guardate qui, ci tocca questa corvée tutto il giorno, per colpa di una ragazza morta”; e così dicendo, le diedero un colpo di mano sulla schiena, e così, in quel mentre, il terribile pezzo di mela che aveva morso, le fuoriuscì dalla gola, e Biancaneve tornò in vita.»
Quando la madre è invitata alle nozze si reca da sua figlia per cercare ancora di ucciderla, ma la aspetta una terribile vendetta:
«Erano state preparate per la madre delle scarpe di ferro incandescenti. Fu costretta a indossarle e danzare e danzare, fino ad avere i piedi orribilmente bruciati, e senza poter smettere fino a quando, ballando ballando, fu lei a cadere a terra morta.»
Come spesso accade per le fiabe, oltre che a racconti tradizionali, i Grimm potrebbero essersi ispirati a una storia reale.
Le ipotesi sull’origine di Biancaneve
Nel 1986, il ricercatore Karl-Heinz Barthels ipotizzò che Biancaneve potesse essere Maria Sophia Margaretha Catharina von Erthal. La ragazza era nobile e da giovane perse la madre. Il padre si risposò e la nuova moglie cercò di favorire in ogni modo i figli di primo letto. Pare che Maria Sophia venne addirittura allontanata dal palazzo, riducendosi a vivere nei vicini boschi.
Nel luogo erano presenti numerose miniere; a causa delle ridotte dimensioni dei cunicoli, vi lavoravano spesso persone di bassa statura, dando forse lo spunto per i sette nani minatori. Maria Sophia morì pochi anni dopo di vaiolo. Barthels sosteneva che la cattiva opinione dei paesani verso la matrigna li portò a esacerbare la sua figura in quella della strega di Biancaneve.
Nel castello dei von Erthal, inoltre, è presente ancora oggi uno specchio parlante; si tratta di un giocattolo acustico in voga nel ‘700, capace di riprodurre le frasi pronunciate davanti allo specchio. Specchio, specchio delle mie brame, forse nasce da lì.
Un’altra teoria, propugnata dallo storico Eckhard Sander nel 1994, sostiene invece che Biancaneve fosse ispirata a Margaretha von Waldeck.
La ragazza, secondo alcune fonti, fu un amore giovanile di Filippo II di Spagna. A 21 anni, però, venne avvelenata dalla polizia segreta del re, che la riteneva un ostacolo a matrimoni e accordi già combinati.
Margaretha era rimasta orfana di madre da piccola, e affidata anche lei a una matrigna. Il padre, il conte Filippo IV di Waldeck, era possessore di varie miniere in Belgio, dove impiegava bambini come manodopera. Lo Stregone dei Meli, sorta di uomo nero del folklore locale e imperterrito avvelenatore di mele, completerebbe il quadro.
Un’altra teoria, molto nota ma poco accreditata, colloca Biancaneve nelle valli del Cordevole, sulle Dolomiti.
Biancaneve della Disney non è la prima riduzione cinematografica, anche se uscì nel 1937: ce n’erano già state altre quattro. Le differenze con la spietata fiaba originale sono molte, a partire dal fatidico bacio del principe. È curioso notare come Walt Disney, ora accusato di essere politicamente scorretto, fu al contrario previdente nel rendere la fiaba molto più digeribile e edulcorata.
Non è tanto la Cancel Culture, ormai catalizzatore di tutti i mali, ma sono i tempi che cambiano ad aver reso obsolete alcune scene. Ma basterebbe educare i ragazzi a calare nel giusto contesto quello che vedono, anziché approfittarne per combattere battaglie sterili dove nessuno vince.
Tranne l’Information Disorder, per l’appunto.
I virgolettati sono tratti dalla pagina Wikipedia dedicata a Biancaneve.
Le illustrazioni sono di Franz Juttner.