Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

“Un’Amicizia”, il ritorno di Silvia Avallone

“Un’Amicizia”, il ritorno di Silvia Avallone

“𝑳𝒂 π’—π’Šπ’•π’‚ 𝒉𝒂 𝒅𝒂𝒗𝒗𝒆𝒓𝒐 π’ƒπ’Šπ’”π’π’ˆπ’π’ π’…π’Š 𝒆𝒔𝒔𝒆𝒓𝒆 𝒓𝒂𝒄𝒄𝒐𝒏𝒕𝒂𝒕𝒂 𝒑𝒆𝒓 π’†π’”π’Šπ’”π’•π’†π’“π’†?”
[π‘Ίπ’Šπ’π’—π’Šπ’‚ 𝑨𝒗𝒂𝒍𝒍𝒐𝒏𝒆 – 𝑼𝒏’π’‚π’Žπ’Šπ’„π’Šπ’›π’Šπ’‚]

Ho letto recentemente Un’amicizia, il nuovo romanzo di Silvia Avallone, una lettura sicuramente molto diversa dai generi che frequento di solito e che tuttavia ho molto apprezzato.

Di Silvia avevo letto il famoso Acciaio, di dieci anni fa, e mi ricordavo soprattutto la capacitΓ  dell’autrice di farti immergere completamente nella storia e lo stile a nervi scoperti, come se la scrittura fosse prima di tutto un’esigenza personale.

Silvia Avallone

Un’amicizia, come Acciaio, narra l’adolescenza, quel periodo che fortunatamente capita una volta sola nella vita, e lo fa attraverso l’amicizia, appunto, tra Elisa e Beatrice, due ragazze di un non meglio specificato paese della riviera toscana.

Al di lΓ  delle considerazioni sul romanzo e sullo stile, due cose mi hanno particolarmente colpito.

Sono nato e ho sempre vissuto in cittΓ  di mare, quelle che si svuotano d’inverno e dove ci si ritrova con quella sorta di spleen da foto di Ghirri, vivendo quel passaggio dalla bolgia infernale estiva alla squallida desolazione invernale. Vivere per tutto l’anno in quello che per tutti Γ¨ una specie di parco giochi estivo, un villaggio vacanze che per i villeggianti sparisce all’arrivo del primo vento d’autunno, ti abitua a passare attraverso una sorta di morte e rinascita ogni anno, continuando a fare le stesse cose dentro un ambiente che muta completamente.

Dalla gioia piΓΉ artefatta alla desolazione piΓΉ spinta: nelle cittadine di mare a vocazione turistica Γ¨ impossibile non diventare un po’ bipolari.

Bene, nel romanzo di Silvia Avallone questo non Γ¨ di sicuro il tema centrale, ma l’atmosfera precaria in cui si svolge parte dell’adolescenza di Elisa e Beatrice a causa delle famiglie disfunzionali che le ha generate, Γ¨ ben resa anche dalla controparte ambientale.

L’altra cosa: lavorando da tempo coi social, apprezzo e condivido in toto il messaggio che Silvia Avallone spinge, tra le righe del romanzo.
La storia racconta tutto quello che non si vede sui social, dove tutti facciamo a gara nell’apparire perfetti e perennemente felici.
La vita Γ¨ altro: liti, corse a perdifiato per tenere insieme tutti i pezzi delle nostre esistenze, trucco sfatto e giornate in tuta a trascinarsi senza meta.

Un’amicizia, raccontando tutta la parte nascosta della vita delle protagoniste, mette in guardia proprio dal rischio di considerare l’altra parte, quella “finta”, come la piΓΉ importante.

I social non vanno demonizzati: come qualsiasi medium, vanno usati, possibilmente per stare meglio e per diventare persone migliori.

Troppo spesso siamo noi – invece – a essere “usati” dai social.

Questo Γ¨ quello che ha colpito me, poi il libro di Silvia Avallone Γ¨ anche molto altro; Γ¨ un libro sul perdono, su come ci raccontiamo le storie per farcele piacere di piΓΉ; ma anche su come a volte il nostro carnefice possa essere a sua volta la nostra vittima.

E su come l’imperfezione, la disfunzione, il fallimento, possano custodire la chiave per la tortuosa via che porta a un qualche tipo di felicitΓ .

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