Provateci voi a essere all’altezza del vostro predecessore se questi si chiama Ottaviano Augusto. La storia di Tiberio, il secondo Imperatore dell’antica Roma, è quella di un perdente in partenza, di uno che non può superare chi è venuto prima di lui.
È come se uno fondasse una band con l’intento di superare i Beatles, come se prendesse in mano un volante e volesse fare meglio di Fangio. Insomma, Tiberio ha già perso prima di iniziare.
Eppure, ombroso e non certo simpatico, odiato in vita e diffamato dopo la morte, Tiberio è un imperatore che manda avanti la baracca per ventitré anni e lo fa senza colpi di genio ma con vigore e saggezza; non allarga i confini dell’Impero, ma amministra bene quello che c’è già e il patrimonio pubblico; non ha smanie da dittatore e cerca anzi di sottrarsi al potere totale e di collaborare col Senato.
Figlio di Tiberio Claudio Nerone, il ragazzo capisce subito che la vita nella Roma antica non somiglia a un libro di Rosamunde Pilcher. Il padre si schiera prima contro Cesare, poi contro Ottaviano: se ci fosse da scommettere alla Snai, nessuno gli affiderebbe un pezzo da cinque euro.
Non solo, Ottaviano si incapriccia della madre di Tiberio, Livia Drusilla, e se la prende senza tante storie.
Facile immaginare l’odio di Tiberio per Ottaviano, ma non è che l’inizio.
L’imperatore, infatti, lo prende sotto la sua ala e lo educa come volesse farne l’erede, salvo preferirgli sempre altri. Il rapporto tra Ottaviano e Tiberio è bipolare, quasi sadico da parte del princeps. Lo fa sfilare nel Trionfo di Azio, gli affida importanti incarichi, ma alla fine c’è sempre qualcuno che viene prima di lui.
Tiberio, introverso e indecifrabile, si sposa con Vipsania Agrippa, forse l’unica nota positiva della sua vita: Ottaviano lo fa divorziare affinché sposi Giulia, sua figlia e quindi anche sorellastra del giovane. Tiberio si dispera e obbedisce. Giulia, però, è una donna disinibita che ama la bella vita e coltiva idee sue: inaccettabile per l’epoca. Tiberio, all’apice del successo, pur di non vedersi più attorno Giulia e Ottaviano, fa una cosa modernissima: molla tutto e se ne va a Rodi a fare la vita del filosofo. Ci manca solo che si apra un chiringuito e passi le giornate a bere cocktail sull’amaca.
Dura otto anni, poi come un campione sportivo che si stanca della precoce pensione, torna a Roma e riprende da dove aveva lasciato. Illirico, Germania, per Tiberio si susseguono i successi militari e le sue quotazioni tornano a salire.
Indecifrabile, abbiamo detto, eppure Tiberio è capace di grandi slanci, come l’amore per Vipsania o quello per il fratello Druso. Quando viene informato che Druso è in Germania, morente, affronta un lunghissimo viaggio a piedi, con la scorta di un solo uomo in mezzo ai pericoli, arriva in tempo per l’addio e ne accompagna le spoglie a Roma.
Quando Augusto Ottaviano si decide finalmente a renderla, si trova davanti a un fatto incontrovertibile: è campato talmente tanto per l’epoca da aver seppellito tutti gli eredi papabili. Tutti tranne uno, indovinate chi? Si trova così costretto a lasciare l’Impero a Tiberio.
E Tiberio se la cava alla grande, regna con saggezza, combatte la corruzione, persegue la pace e la diplomazia nei vasti territori e prepara la successione di Germanico, giovane delle meraviglie che già ne insidia la popolarità. Non andrà così, ovviamente: all’epoca le cose raramente andavano come previsto, dato che si moriva facilmente per un colpo d’aria, o magari di veleno.
Tiberio odia Roma, forse per i suoi ricordi non troppo felici. Si ritira a Capri, dove passa il tempo – si dice – tra orge vissute più che altro da voyeur e si divide tra le tante ville, Villa Jovis in primis. Il potere finisce nelle mani di Seiano, amico che mira a fargli le scarpe, pardon, i calzari. Quando Tiberio se ne accorge, lo fa condannare a morte senza tanti giri di parole, sempre dal suo esilio.
Ogni volta che Tiberio si decide a tornare a Roma, succede qualcosa che non gli permette di arrivare nella capitale: avete presente quando non volete fare una cosa e trovate tutte le scuse? Beh, così è per Tiberio.
Intanto, però, la leggenda nera di Tiberio, l’Imperatore che non vuole stare a Roma e si diletta in orge di giovinetti che nuotano tra le sue gambe, vera o no, fa furore. Il popolo lo odia al punto che, quando quasi ottantenne Tiberio tira le imperiali cuoia, vorrebbe il corpo per gettarlo nel Tevere al grido di: Tiberium in tiberim.
Fioriscono le leggende sulla sua morte, come sempre, ma con ogni probabilità il decesso di Tiberio è naturale. Il suo successore sarà il figlio di Germanico, e qui comincia il divertimento. Sì, perché il giovanotto si chiama Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico.
Tutti, però, lo chiamano Caligola.
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