Intorno al 1880, quando Jean-Léon Gérôme è un maturo pittore quasi sessantenne e all’apice della carriera, molti critici ipotizzano che sia l’artista più conosciuto al mondo. Le cose cambieranno in fretta, per lui ma anche per tutta l’arte.
Ma andiamo con ordine.
Jean-Léon nasce nel 1824 in un ambiente abbastanza lontano dall’arte, ma nel ‘40 è già a Parigi dove studia con Delaroche, all’epoca un famoso pittore. Il mentore nota subito le sue capacità e lo porta con sé ad abbeverarsi alle sorgenti dell’arte. Dove? In Italia, signore e signori.
A 23 anni, nel 1847, espone una sua opera al Salon, dove sorprende vincendo una medaglia di terza classe col dipinto “Combattimento di galli”. I galli dell’opera non sono guerrieri coi baffoni alla Asterix, ma veri e propri pennuti ritratti sullo sfondo del Golfo di Napoli.
La carriera di Jean-Léon Gérôme va spedita come un treno. Il suo genere dell’elezione e il Neo-classicismo; i suoi temi preferiti la storia – vista con una lente distorcente votata a un certo estetismo – il mito e la pittura esotica. Durante i suoi viaggi a Oriente, tra Turchia, Egitto e tutto l’est, l’artista si riempie occhi e memoria con scene di deserti, cammelli, dervisci e odalische. All’epoca sono una novità che conquista gli europei.
Il passaggio a temi più commerciali causa due effetti opposti e tipici: il volume delle sue tasche aumenta a dismisura, mentre diminuisce la stima dei critici. Lui tenta di tornare a temi più impegnati e si presenta al Salon del 1859 con una “Morte di Cesare” tanto sontuosa quanto azzardata. Il Divo è rappresentato in basso, già stecchito, mentre i congiurati si danno il cinque al centro.
L’opera mette in mostra la sua incredibile tecnica (“Se la fotografia fosse esistita al tempo di Cesare, si potrebbe credere che il quadro fosse dipinto in base alla foto presa sul luogo nel momento della catastrofe” scrivono) ma fa flop. Forse la messa in scena è fin troppo ricercata.
La sua opera più famosa è forse “Pollice verso”, di cui abbiamo già parlato in un altro post. La scena è ritenuta alla base dell’equivoco del pollice verso ripreso da molti film ma che non pare avere fondamento storico. La tecnica e il gusto di Gérôme sono, come detto, eccezionali. Eppure, le controversie attorno all’autore non sono poche.
Alcune sue opere storiche, intanto, sembrano solo il pretesto per mostrare qualche bella fanciulla senza veli. I vari mercati delle schiave che dipinge, o gli harem, mostrano spesso una realtà edulcorata. Fanno passare l’orrore di queste pratiche per qualcosa di quasi romantico ed esteticamente accattivante.
La disinvoltura nel mostrare poi alcuni cliché – come i cristiani in attesa di essere divorati dalle belve nell’arena – che di storico hanno ben poco, rischia di produrre una disinformazione dura a morire, in tempi in cui l’immaginario ha poche frecce al proprio arco.
In alcune opere, poi, Gérôme sembra anche lanciare messaggi politici e polemici. Siamo tutti d’accordo, spero, che l’artista ha il diritto – se non il dovere – di farlo, ma a quel tempo la cosa non è vista di buon occhio. I nostro Jean-Léon, però, non se ne rammarica e va per la sua strada, badando forse più ai danari che alla musa dell’arte. I suoi corsi sono i più ambiti e costosi, il suo atelier viene giudicato ribelle e osceno per via di voci che raccontano curiose burle, riti di iniziazione e forse qualche libertà verso le modelle, trattate come oggetti.
A fine carriera, Gérôme somiglia un po’ a quelli che oggi chiameremmo boomer. Non accetta i cambiamenti della società, si scaglia contro gli Impressionisti e il progresso. Uno dei suoi dipinti più celebri, “La Verità che esce dal pozzo”, viene interpretato come una polemica verso l’Impressionismo, ma anche verso il caso Dreyfus. Lui nega e dice che è un elogio all’invenzione della fotografia, che fa “uscire la verità dal pozzo”.
Si oppone al lascito di Caillebotte che fa decollare l’Impressionismo: “L’ Institut de France non può restare fermo di fronte a un simile scandalo… Come può il governo osare accogliere in un museo una simile collezione di sciocchezze? Perché, hai visto la collezione? Lo Stato, guardiano di queste cianfrusaglie!”
Capite bene, quello che scandalizza tanto il pittore è il lascito che è alla base del Museo D’Orsay.
Sul progresso scrive poco prima di andarsene, nel 1904. Pare di leggere un post qualsiasi di quei gruppo tipo “Noi che nei 60-70-80”: “Ora tutto è cambiato; non camminiamo più, corriamo come matti; se non veniamo schiacciati durante il giorno, abbiamo buone probabilità di essere assassinati di notte. È affascinante. Abbiamo assistito alla fine di un mondo, stiamo assistendo all’alba di uno nuovo, a cui manca il pittoresco e soprattutto la serenità”.
Insomma, il nostro bel Gérôme è un pittore dalla tecnica incredibile e che ci ha lasciato capolavori inestimabili per gli amanti del bello puro e semplice (meno per chi cerca un po’ più di sostanza). Ma è anche un personaggio discutibile. Gérôme, del resto, come tutti gli artisti è prima di tutto un uomo, e spesso il talento non sceglie su chi posarsi in base al buon senso.
Qui altri post e storie sull’arte: Andrea La Rovere