Mi perdonerà Mary Evelyn Pickering se nel titolo l’ho chiamata Evelyn De Morgan, ma è il nome con cui il mondo conosce il suo genio pittorico.
E poi, nei paesi anglosassoni vige ancora la barbara pratica per cui le donne debbano perdere il loro cognome una volta sposate, come se nascessero alla società solo in quel momento. Società che Evelyn De Morgan non stima molto, dato che la pittrice può essere considerata una vera e propria femminista ante litteram. Oltre che un’artista eccezionale.
Evelyn nasce da una famiglia dell’alta borghesia; suo zio, John Roddam Spencer Stanhope, è un buon pittore preraffaellita che, come molti artisti inglesi in quel periodo, vive a Firenze. La giovane ha la fortuna di avere una madre estremamente moderna, da cui probabilmente eredita i geni; la donna si impunta affinché la figlia riceva la stessa educazione del fratello: una roba non proprio scontata, al tempo.
Evelyn può studiare e decide di farlo come si deve: impara il greco, il latino, l’italiano, il francese e il tedesco, studia la letteratura e l’arte classica e – soprattutto – diventa una grande esperta di mitologia, tema che tornerà costantemente nelle sue opere.
Tra le sue mani capitano però anche molti testi scientifici: la sua educazione è insomma completa.
La ragazza si reca più volte in Italia dallo zio e ha così occasione di vedere sul campo i capolavori del Rinascimento. A guardare certe sue opere pare evidente quale sia il suo preferito, un certo Botticelli.
Fin da quando è ancora quindicenne, Evelyn decide di diventare pittrice, assecondata in questo da un talento incredibile. Alcune sue annotazioni sul diario e varie frasi che pronuncia ci permettono di avere un’idea del carattere poco propenso al compromesso e a chinarsi davanti al maschilismo dell’epoca. La mattina in cui compie 17 anni scrive: “L’arte è eterna, ma la vita è breve, […] Ora vi porrò rimedio, non ho un momento da perdere”.
Quando tentano di farla debuttare in società, Evelyn dice: “Andrò in salotto se vuoi… ma se vado, prenderò a calci la regina!” o “Nessuno mi trascinerà fuori con una cavezza al collo per vendermi!”
Quello che sarebbe normale e sacrosanto oggi, all’epoca la fa apparire probabilmente una fanciulla stravagante e bisbetica. Il suo talento è tale, però, che convince i genitori a farle studiare le belle arti. È così che Evelyn ottiene premi e borse di studio e sfonda in un ambiente prettamente maschile.
Evelyn è amica di pittori affermati come Rossetti e Hunt, fondatori del movimento preraffaellita, ma anche di grandi personalità della letteratura. A conferma della sua indole libera, sposa però William De Morgan, ceramista che le sarà a fianco per tutta la vita e che, inizialmente, deve mantenere con la sua attività di pittrice (scandalo!).
Non deve stupire il fatto che, con tutta questa cultura alle spalle, Evelyn si interessi allo spiritismo, disciplina allora appena nata e che si riveste di una patina scientifica che inganna personalità come Conan Doyle.
I lavori della De Morgan oscillano tra lo stile preraffaellita, il simbolismo e l’estetismo; i soggetti sono spesso mitologici o storici, sempre con un occhio al medioevo mitico all’epoca in voga. Sovente Evelyn dipinge tele in formato verticale, quasi presagisse che dopo più di un secolo le sue opere sarebbero state ammirate attraverso gli smartphone, più che nei musei.
I colori sono brillanti in modo sorprendente, le donne – spesso coi capelli rossi – hanno tratti moderni e sguardi mai spenti o rassegnati, fissano anzi l’osservatore con fierezza e quasi con curiosità.
Eccezionali sono i drappeggi dei lunghi e splendidi abiti femminili di fanciulle intente a preparare un filtro d’amore o a rimirarsi allo specchio come Elena di Troia.
Stupenda, indomita e con lo sguardo allucinato da folle è Cassandra, che gioca coi suoi rossi capelli mentre alle spalle una città è bruciata dalle fiamme, risoluta è Ero che tiene in alto la fiaccola per indicare la via a Leandro. Clizia che si trasforma in girasole pare quasi una Maddalena, mentre Flora sembra ben più di un tributo all’amato Botticelli e alla sua “Primavera”.
L’ultimo dipinto di Evelyn, vicina alla morte ma ancora in possesso della sua mano ferma e felice, è “La gabbia dorata”, che pare alludere alla condizione femminile e – più in generale – a quella umana.
Evelyn Pickering De Morgan è anche una delle prime attiviste femminili in favore del suffragio, tanto che firma la “Dichiarazione in Favore del suffragio femminile” del 1889, e una pacifista convinta, al punto da tenere una mostra di beneficienza a favore della Croce Rossa nel 1916.
Evelyn muore nel 1919, sopravvivendo due anni al dolore per la morte dell’amato marito. I due riposano vicini nel cimitero di Brockwood, la lapide recita: “Il dolore è solo della carne / La vita dello spirito è gioia.”
A noi restano le sue splendide tele e il suo esempio di forza.