Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

IL RACCONTO DI HALLOWEEN – CACCIATORE E PREDA

IL RACCONTO DI HALLOWEEN – CACCIATORE E PREDA

Per Halloween vi faccio un regalo, Cacciatore e Preda è il racconto con cui nel 2023 sono stato tra i vincitori del contest di Letteratura Horror.it. Una storia di Halloween che ribalta i ruoli tra cacciatore preda, buona lettura.

A Davide Halloween era sempre piaciuto.
Certo, Montesilvano non era mica l’America, con torme di ragazzini in giro a fare dolcetto o scherzetto e le zucche e tutto il resto, che poi a pensarci bene a lui la zucca non piaceva nemmeno. Giusto qualche festa nei pub in centro o il pomeriggio al multisala, ma quella era roba per ragazzini.
A lui non fregava proprio niente delle perdute origini celtiche e delle polemiche, delle maschere e di Jack Skeleton e tutte quelle cazzate. A lui interessava solo che in giro ci fossero le fighe, e di quelle dove c’era da far festa ce n’erano sempre in abbondanza. Ah, cara, vecchia Halloween con le tue maschere! Mi risparmi un sacco di guai con le telecamere di sicurezza e con quelli che scendono a buttare la spazzatura e magari buttano pure un occhio dove non dovrebbero e finiscono per non farsi i cazzi loro. Ad Halloween no, uno con una maschera sulla faccia chi volete che lo guardi. Era normale.
Considerava quel giorno una specie di vacanza: per esibirsi nel suo numero, quello per cui tutta la città parlava di lui, era un momento di pura grazia. Il numero era collaudato. Seguiva una ragazza, o una donna, che differenza faceva? Quelle ormai pure a cinquant’anni parevano adolescenti tutte in tiro e lo arrapavano come una faina. Insomma, bastava beccare quella giusta, la seguiva in un luogo isolato quasi che fosse – com’è che l’aveva definito quell’idiota alla Tv? Ah sì, il lupo cattivo! – una bestia attaccata alla preda. Quelle erano già intontite dalla fifa, a sentire i suoi passi che echeggiavano dietro di loro, a vedere la sua sagoma quando si giravano a metà e lo sbirciavano in tralice, quando le aggrediva erano già mezze morte di paura. Un gioco da ragazzi.
Le spogliava con la bava alla bocca. Le loro lacrime lo eccitavano, o almeno in un certo senso. Sì, perché là sotto qualcosa andava storto: l’amichetto non ne voleva sapere proprio. Era stato sempre così, un difetto di fabbrica o qualche trauma di quelli con cui gli strizzacervelli si facevano belli nei talk show, e chi lo sapeva?
E allora, dove non arrivava la sua artiglieria, si faceva strada col bisturi.
“Jack lo squartatore a Montesilvano”, aveva titolato il Corriere del mare: sai che fantasia?

Insomma, Davide quella sera si era appostato fuori dall’Harry Shark, il pub alla marina. Halloween Party: streghe e stregoni vi aspettiamo! strillavano i cartelli pubblicitari e lui, che un po’ mago si sentiva, c’era andato. Certo, mica dentro, anche se il suo bel costume da Dracula di una volta, col mantello nero foderato di rosso e una maschera sul volto che non solo lo faceva sembrare Bela Lugosi ma che, soprattutto, celava al mondo le fattezze di quel Jack lo squartatore di periferia, gli avrebbe fatto fare la sua porca figura.
Si era appostato fuori, fumando una Marlboro dopo l’altra – ah, un piacere a cui quei ragazzini dementi di oggi avevano rinunciato – e aveva aspettato quella giusta.
Era passata mezzanotte da poco e aveva fatto bingo!
Una tipa mascherata da Strega dell’ovest in versione sexy era uscita dal locale. Sola.
Di più, sola e mezza ubriaca. Il viso ricalcava la versione del Mago di Oz degli anni Trenta, la migliore: verde e allungato, col naso tipico di quelle maschere grottesche. Era il resto però, signore e signori, che valeva il prezzo del biglietto! La tipa portava un vestitino nero da strega di un filmetto porno, corto che avresti potuto prendere la tua immaginazione, impacchettarla e metterla in cassaforte. Le gambe erano completamente in mostra fin quasi all’inguine, nude e abbronzate. Le caviglie sottili messe in risalto da scarpe nere lucide con tacchi altissimi. La pelle era tesa e i muscoli guizzanti: muscoli di una quarantenne o forse più che si ammazzava in palestra per far andare il sangue agli occhi a quelli come lui.
E indovinate questa bella strega sexy cosa aveva fatto, una volta fuori dal locale? Si era messa ad aspettare l’autobus! Poi ditemi se non sono loro a provocare, pensò Davide, preparandosi alla sua recita. Una volta arrivato il trentotto, aveva sfilato una corsa come se ce l’avesse fatta per un soffio ed era salito, sedendosi su uno dei sedili in fondo.
Dentro c’era qualche adolescente mascherato che faceva casino, un paio di senegalesi coi musi lunghi e i borsoni celesti piene di cianfrusaglie e nessun altro.
A parte loro, ovvio. I due piccioncini: la Strega dell’ovest e Dracula, non erano fatti l’uno per l’altro?

L’autobus si era mano a mano svuotato e all’altezza di Zanni, quartiere di periferia che a quell’ora ricordava il Deserto dei Tartari di Buzzati, erano rimasti loro due, un senegalese che dormiva e l’autista, quando la bella, barcollando, pigiò il tasto per prenotare la fermata. Quello era un momento delicato: se fosse sceso a ridosso della preda, quella si poteva innervosire e una donna nervosa può combinare qualsiasi disastro, tipo mettersi a strillare come una poiana e svegliare tutto un quartiere.
Davide aspettò che la streghetta fosse scesa, sempre con quell’incedere alla barcollo ma non mollo e poi, proprio quando le porte si stavano per chiudere, scattò verso l’uscita posteriore e si slanciò sul marciapiede. L’autobus arancione ripartì con quel soffiare demoniaco di tutti i mezzi pesanti del mondo e Davide si trovò a una ventina di metri dalla strega. Quella non si era accorta di niente.
Aveva piovuto fino a sera e ora una specie di foschia stava salendo tra i riflessi dei lampioni. Davide, che non era certo una mammoletta, intravide il riflesso da vampiro in una pozzanghera e provò un brivido: quella nebbiolina che pareva scendere all’improvviso, fredda e penetrante, chissà perché lo aveva turbato.
La donna avanzava nella notte deserta col suo incedere malsicuro, stringendosi al petto la borsetta e incespicando coi tacchi. Era il linguaggio universale della paura, quello che tutte le donne imparano a conoscere fin da quando si trovano a camminare sole, in una strada buia, per la prima volta. Un istinto ancestrale che però non l’avrebbe aiutata e che eccitava da matti Davide. Era la vecchia storia del cacciatore e della preda. Non c’è niente da fare – pensava tra sé l’improvvisato Dracula – l’uomo era programmato per la caccia.
La strega tacchettava rompendo il silenzio trionfale della notte. Non una luce veniva dai palazzi, non passava una macchina e in giro in quel quartiere dimenticato da Dio non si vedeva manco un cazzo di gatto.
Davide affrettò il passo per avvicinarsi alla sua preda. Le suole delle scarpe da morto – così chiamava quelle calzature eleganti da vampiro – producevano uno scalpiccio che la donna ormai doveva aver sentito. E infatti – come al solito! – quella parve rallentare un attimo, voltò la testa a metà e lo scorse, accelerando subito l’andatura.
Era fatta, il ballo iniziava, gente!
La donna aumentava la velocità, ma a ogni falcata Davide guadagnava centimetri: in breve le sarebbe stato addosso. La strega svoltò l’angolo di un vecchio condominio inagibile, mettendosi in trappola da sola.
Davvero pensi di fregarmi così? – pensò Davide – Davvero pensi che io sia così scemo? Sentiva la collera montargli dentro, il battito che accelerava fino ad annebbiargli la vista, le tempie che pulsavano impazzite.
Girò lo spigolo e vide che il vicolo era senza uscita. C’era spazzatura ovunque, un vecchio carrello del Lidl e la strega, di spalle, a poca distanza dal muro che le chiudeva la via. La nebbia, una specie di foschia che gli pareva aver preso un colorito verdastro, scendeva sempre più fitta. La donna non si muoveva, ma gli sembrò che tremasse.
In un attimo le fu addosso. La preda era come tutte le solite prede, non aveva nemmeno la forza di opporsi. Davide la voltò e iniziò con frenesia a strapparle gli abiti, a ficcargli le sue grandi mani dappertutto, sotto la gonna, nelle mutandine – se le potevi chiamare così, nemmeno si vedevano, brutta sgualdrina! – sui seni. Come sempre, sperava in una qualche reazione dell’amico, là dentro i pantaloni, ma niente! La cosa, ogni volta, rendeva la sua collera cieca.
Un momento e nella sua destra era comparso il bisturi affilato, il suo fedele compagno di giochi. “Prima però, bellezza mia – sibilò, – vediamo il tuo bel faccino!” e con la mancina fece per togliere dal viso della donna terrorizzata la maschera da Strega dell’ovest.
Sorpresa! Quella non veniva via! La maschera, col suo ghigno fisso, il colorito verde come quella cazzo di nebbia, il naso adunco e tutto il resto, pareva incollata alla faccia.
No, un momento! Gli occhi, due pozzi neri animati da un odio infinito, come fosse l’odio di tutte le donne vissute dall’alba dei tempi, quelli sì. Quelli si muovevano, e stavano cambiando colore. Erano diventati rossi come la brace, come quelli di Caronte – pensò Davide con un’imprevedibile reminiscenza scolastica. Ora anche la bocca si muoveva, e il ghigno fissò diventò qualcosa di terribile, pareva quasi il sorriso stesso di Lucifero.
L’uomo allentò la presa sul bisturi, mentre un gorgoglio di terrore parve risalirgli dritto dal buco del culo.
La Strega dell’ovest lo fissò negli occhi, poi gli fece saltare di mano l’arma e lo colpì al volto con una rapida serie di schiaffoni, dritto e rovescio. Davide cadde a terra, sentendo il sapore di ferro del sangue presentarsi in gola, sputò un dente e cercò di indietreggiare sulle mani come un gambero. Non aveva il coraggio di alzare la testa: vedeva solo le scarpe lucide della sua preda e quelle gambe scolpite.
La strega rise, una risata che arrivava diritta dall’inferno, poi lo prese dal bavero del mantello da vampiro e lo sollevò, sbattendolo contro il muro.
Davide fece in tempo solo a vedere ancora una volta quegli occhi pieni di odio antico, poi solo il buio.

La mattina dopo lo trovarono col petto squarciato e le sue viscere a fare da pasto per cornacchie e gatti randagi. Ai suoi piedi un cappello da strega, di quelli che nel periodo di Halloween trovi ovunque.
Di Jack lo squartatore di Montesilvano non si seppe più nulla.

******

La voce registrata, il mio romanzo breve per Delos, lo trovate su Amazon qui: La voce registrata
oppure sul sito DELOS

Qui altri post e storie sull’arte: Andrea La Rovere

Qui altri Racconti

Torna in alto
Facebook