Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

MITOLOGIA: MEDEA, QUANDO A PAGARE SONO I FIGLI

MITOLOGIA: MEDEA, QUANDO A PAGARE SONO I FIGLI

Medea è uno dei personaggi più atroci dei miti che tanto mi diverto a raccontarvi in versione cialtrona. Con Medea non si ragiona, quando si vede vittima di un torto – e ne subisce a iosa – le si chiude la vena e le conseguenze sono nefaste per tutti. Lei per prima.

Medea, però, è la tipica donna che accetta le regole sballate del patriarcato e gioca di conseguenza: ma è un gioco scritto per gli uomini, un gioco dove una donna come lei può solo perdere e fare un disastro.

Ma vediamo un po’, chi è Medea e perché si mette subito nei guai?

“Lady Hamilton come Medea” di George Romney

Medea è una maga, ma toglietevi dalla mente la cartomante Nancy e quelle che commentano spammando post come questo e assicurando amore e vincite al Lotto. No, Medea è una maga coi controca**i, nipote di Circe, tanto per capirci, e figlia di Ecate ed Eete.

Medea se ne sta a farsi beatamente i fatti suoi nella Colchide, quando arriva Giasone coi suoi argonauti, con un solo obiettivo: prendere il vello d’oro, che è una roba che non si capisce bene perché ha poteri di curare ferite e malattie. Se esistesse oggi, state sicuri che spunterebbero fuori i No-Vello a cercare correlazioni e st*on*ate varie.

“Medea” di Frederick Sandys

Giasone è un super figo, il tipico maschio Alpha che fa girare la testa alle adolescenti dei quartieri popolari. Medea non è proprio la prima della classe e, in più, nella Colchide un tipo così lo ha visto solo sulle copertine di Cioè. Si innamora come la proverbiale pera cotta. Ora, non ci stiamo a dilungare più di tanto, ma per concupire il bel Giasone e fargli prendere quell’accidente di vello d’oro, arriva a far secco il fratello, Apsirto, colpevole solo di avere un nome un po’ così.

Insomma, Giasone col suo bel vello – che è l’unica cosa che gli interessa davvero – Medea e tutta la truppa si imbarcano e tornano a Iolco. Sull’onda dell’entusiasmo, Giasone e Medea si sposano. A Iolco, però, il re Pelia si rimangia la parola: aveva promesso a Giasone il trono in cambio del vello, ma sul più bello gli riesce difficile schiodare il sedere e lasciare il potere.

“Medea medita di uccidere i figli”, Pompei, Casa dei Dioscuri

Medea, con una serie di trucchi da maga di serie C che manco Wanna Marchi e il mago Nascimento, fa secco il vecchio ma il gioco è presto scoperto. Giasone non solo non ottiene il trono, ma viene pure cacciato con la sposa e la coppia si rifugia a Corinto.

I guai, però, non sono finiti, almeno a sentire Euripide.

Passano dieci anni e Creonte, re di Corinto, vuole lasciare il trono indovinate a chi? Esatto, a Giasone nostro. Come sempre, però, c’è il trucco: se Giasone vuole diventare re – e lo vuole, ragazzi, ah, se lo vuole! – deve mollare Medea e sposare la figlia di Creonte, tale Glauce. La ragazza è pure giovane e bella, più di Medea, e Giasone ci mette poco a farsi i conti.

“Medea” di A. Feuerbach

Il grande eroe, con un comportamento tipicamente maschile e che allora, ma purtroppo spesso anche oggi è tipico, lascia Medea con un messaggio Whatsapp e si prepara a impugnare lo scettro come fosse una compensazione di chissà che altro.

Come la prende Medea? Non bene, anzi. “Dopo tutto quello che ho fatto per te” e “Senza di me il vello manco se te lo cucivi da solo” eccetera. Non solo, a Corinto la donna ha vissuto da straniera, come una barbara un po’ fuori di testa, mai accettata, solo per ritrovarsi con un pugno di mosche. Ma niente, a Giasone le sue proteste da un orecchio entrano e – non trovando ostacoli – dall’altro escono.

Medea, allora, medita una vendetta che entrerà negli annali. Si finge pentita e regala a Glauce un vestito che manco le spose del Castello delle Cerimonie. Peccato, però, che il modellino tanto chic sia avvelenato e tenda a prendere fuoco. Risultato: Glauce e Creonte fanno la fine di una frittata flambè. Può bastare? Non per Medea, signori.

La donna ha colpito Giasone nella sua ambizione più grande, quella di essere re, dove lo può colpire ancora? Esatto, nei suoi stessi figli, la sua discendenza maschile. Medea, che ormai balla sull’orlo della follia pura, fa fuori anche loro. La sua vendetta è compiuta, ma è una rivincita dove tutti hanno perso. Del resto, se un sistema è malato alla radice, difficile che ne venga fuori qualcosa di buono.

“Medea the sorceress” di V.C. Prinsep

La psicologia si è appropriata della figura di Medea, dandone il nome a una sindrome.

Certo, succede che dei genitori commettano lo stesso orrore di Medea, a volte proprio per vendicarsi del partner nel modo più stupido, ma la sindrome è più metaforica. La definizione dello psicologo Jacobs, che la inventa nel 1988, è illuminante: “il comportamento materno finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figli dopo le separazioni conflittuali.”

Quante volte vi è capitato di sentire genitori separati – sia maschi che femmine – che usano i figli per le loro vendette, e che cercano di far passare l’altro per il diavolo in persona? E chi ci rimette di solito?

Esatto, anno di grazia 2024 o nell’antica Grecia, a pagare è chi non ha colpa: i figli.

“Dicono che noi viviamo un’esistenza senza rischi, dentro casa e che loro invece vanno a combattere. Errore! Accetterei di stare in campo, là sotto le armi, per tre volte, piuttosto che figliare solo una volta.”

(“Medea”, Euripide)

“Medea e Giasone” di John William Waterhouse

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