Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

Oriana Ramunno:”Il bambino che disegnava le ombre”

Oriana Ramunno:”Il bambino che disegnava le ombre”

Da un po’ di tempo non vi aggiorno sulle mie letture e oggi allora voglio parlarvi del libro che ho appena finito di leggere. Si tratta de Il bambino che disegnava le ombre di Oriana Ramunno.

Il libro di Oriana Ramunno, edito da Rizzoli, è coraggiosamente ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, nel tristemente noto campo di concentramento di Auschwitz.

Dico coraggiosamente per due motivi.
Il primo è che il tema dell’Olocausto è stato trattato e sviscerato in decine di opere; la domanda “era proprio necessario un altro libro sul tema?” si affaccia subito alla mente del lettore. L’altro è che l’orrore è tale che il rischio è quello di non riuscire a suscitare la giusta empatia nei personaggi, trattandosi a tutti gli effetti di un giallo.

Qualche parola sulla trama.
La storia è ambientata a ridosso del Natale del 1943. Al lettore non viene risparmiato nessuno degli orrori perpetrati dal delirante regime nazista; la Ramunno sceglie di non sfumare su episodi terribilmente crudi, mostrando nella nuda realtà ciò che succedeva nel famigerato campo.

L’orrore dell’abisso in cui l’umanità era precipitata in quel luogo risulta a tratti disturbante; la scelta della Ramunno è però – a mio giudizio – quella più giusta.
Come dicevo, Il bambino che disegnava le ombre è un giallo.
Nonostante la suspense non manchi e il genere in cui il romanzo viene classificato sia il thriller, a mio giudizio siamo più dalle parti del giallo classico.

Il protagonista, Hugo Fischer, procede per deduzioni, con l’ostinazione e l’energia che gli viene dall’indignazione e l’orrore di quello che vede.

Hugo è un personaggio complesso; se da una parte fa pienamente parte del perverso ingranaggio della dittatura nazista, dall’altra non si rende conto del tutto degli orrori perpetrati finché non vi assiste coi propri occhi. Inoltre, nasconde un segreto, di cui i lettori vengono subito messi a parte. Un segreto che potrebbe costargli la carriera.

L’altro personaggio principale è Gioele, un bambino ebreo di Bologna dalle rare capacità; parla alla perfezione il tedesco, è bravissimo a disegnare e vanta un’umanità sconosciuta a molti degli altri personaggi. Il ragazzino è finito sotto l’ala protettrice – si fa per dire – del famigerato dottor Mengele.

Fischer è chiamato a indagare sulla morte di uno dei medici del campo e sarà proprio Gioele, che trova per primo il cadavere, ad aiutarlo coi suoi disegni.
Una serie di altri personaggi maschili e femminili, tutti tratteggiati con maestria, completano la galleria di caratteri del libro.

Il punto forte del romanzo è sicuramente la ricostruzione storica; si vede che Oriana Ramunno ha studiato a lungo la sua opera e le ambientazioni, e il frutto della ricerca è un valore aggiunto del libro.

L’autrice ha uno stile trasparente e di solido mestiere; non cerca mai di prendersi la scena con passaggi troppo spettacolari: a parlare in modo eloquente bastano i fatto che vengono narrati.

Altro punto di forza è la scorrevolezza della scrittura; nonostante il tema ostico e i fatti crudi narrati, la lettura procede spedita e veloce. Oriana Ramunno è abile nel descrivere gli stati d’animo e la riluttanza di Fischer a servire un regime nel quale si riconosce sempre meno.
L’unica piccola ridondanza è forse nell’eccessivo numero di descrizioni degli occhi, per cui l’autrice sembra provare una grande attrazione.

Insomma, se la domanda che vi ponete è se fosse necessario un altro libro su Auschwitz, la risposta per me è sì; Il bambino che disegnava le ombre è un giallo dall’ambientazione insolita e dal finale non scontato, che riesce a essere credibile pur non deludendo il lettore.
Un romanzo che si presterebbe alla perfezione per essere portato sullo schermo.

Non solo, il libro è anche l’occasione per una riflessione: anche il più piccolo atto di ribellione, quello che magari salva anche una sola vita, o anche quello che rimane apparentemente inutile o velleitario, può riportare un po’ di umanità nel peggiore degli inferni.

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