Andrea La Rovere

Ci sono storie bellissime ma sconosciute, fino a quando qualcuno non le racconta

Nadia Comaneci e il duro prezzo della perfezione

Nadia Comaneci e il duro prezzo della perfezione

Ripercorrere la vicenda di Nadia Comaneci significa fare un’immersione nella storia. La storia con la “S” maiuscola, quella contemporanea dei regimi comunisti e della Guerra Fredda; ma anche quella personale di una donna che è riuscita a fare pace coi suoi fantasmi.

Quel 18 luglio del 1976 a Montreal, perfino i computer dovettero inchinarsi alla grandezza di Nadia Comaneci. Una grandezza che faceva ancora più impressione, in una ragazzina minuta e non ancora quindicenne. I computer che raccoglievano le votazioni delle gare di ginnastica artistica erano programmati per un massimo di 9.99.

Non era abbastanza, però, per descrivere la perfezione di Nadia Comaneci alle parallele asimmetriche; i giudici furono unanimi nell’assegnarle il massimo punteggio, ma quel 10 netto proprio non andava giù alla macchina elettronica.

Ci sarebbe da dire che quel voto mai visto non andava giù nemmeno alle avversarie, specialmente la russa Nelli Kim; Nelli, la rivale di sempre, aveva definito Nadia antipatica e le aveva pronosticato breve fortuna. Quando l’avevano riferito a Nadia – a parziale conferma del suo giudizio – la rumena aveva ribattuto: “Nelli Kim? E chi è?”.

Eppure, a ben vedere, non era la prima volta che Nadia otteneva quel voto inusitato; già a marzo, all’American Cup di New York e poi in Giappone, la ragazzina si era portata a casa un bel 10. Ma da dove arrivava quel fenomenale scricciolo destinato a far riscrivere storia e regole delle Olimpiadi?

Nadia Comaneci nasce il 12 novembre del 1961 a Onesti, una città della Romania. Ha solo tre anni quando inizia a praticare la ginnastica artistica, e ne ha sei quando viene notata da Bela Karolyi; l’uomo è un allenatore che ha le idee chiare su come avviare le ragazzine al successo nella disciplina; sarà anche il primo di una serie di padri padroni che accompagneranno la prima parte della vita di Nadia.

Novecento calorie al giorno, questa è la famigerata ricetta con cui Bela tiene a stecchetto le sue allieve e ne preserva magrezza e agilità; l’uomo gestisce una società sportiva, la Flacăra, Fiamma in rumeno, e vuole la piccola Nadia tra le sue allieve.

Da lì in poi l’ascesa di Comaneci è inarrestabile; nel 1969 partecipa ai Campionati rumeni, quando ha appena otto anni. L’anno dopo è già al primo posto con la Nazionale a squadre e nel 1971 vince la prima gara internazionale a Lubiana.

Nel 1975, a nemmeno quattordici anni, trionfa agli europei norvegesi di Skien, battendo la Kim. L’anno dopo, alle Olimpiadi di Montreal, inizia la sua clamorosa carriera olimpica. Quando vince il primo oro ha appena 14 anni, 8 mesi e 6 giorni; ora l’età minima per partecipare alle competizioni è di sedici anni. Il suo record non potrà mai essere battuto, anche se difficilmente sarebbe stato possibile.

Nadia Comaneci è stata la prima atleta nella storia a ottenere un 10 netto alle Olimpiadi; non solo, è stata la più giovane a ricevere lOrdine Olimpico, e per due volte, nel 1984 e nel 2004.

I video delle sue esibizioni sono rimasti nella storia; ancora oggi, le sue movenze sono di una grazia che suscita quasi commozione, tanta è l’irraggiungibile bellezza che evocano.

La vita di Nadia in quel periodo è però ben lontana dalla perfezione che sfoggia sui tappeti sportivi. La disciplina a cui si sottopone per arrivare a quei risultati è inumana, a maggior ragione per una ragazzina della sua età. In Romania, il paese sottoposto alla dittatura socialista di Nicolae Ceaușescu da quasi dieci anni, Nadia diventa subito un’eroina. Viene decorata come Eroe del Lavoro Socialista.

Il rovescio della medaglia è però assai doloroso. Il figlio del dittatore, Nico, si invaghisce di lei e la pretende come amante. Nadia è costretta a chinare il capo e imbarcarsi in una assurda relazione che durerà per anni, sottoposta a violenze e abusi ed esibita come vanto della grandezza rumena.

Nonostante gravi problemi psicologici e repentini cambi di peso, segno della sua fragilità, Nadia riesce a recuperare la sua forma perfetta per le Olimpiadi di Mosca 1980. Arrivano così altre medaglie e nuovi tour mondiali di propaganda al regime socialista. In quello che viene chiamato Nadia ’81, l’atleta viaggia in America e ha modo di familiarizzare con molti atleti statunitensi.

In quell’occasione due avvenimenti segnano la sua parabola; ha modo di approfondire la conoscenza con Bart Conner, ginnasta americano che aveva già incontrato a Montreal.

Soprattutto, però, assiste alla fuga negli USA di Bela e Marta Karolyi e si Geza Pozsar, un altro membro dello staff. I tre sono ben decisi a non tornare nel rigido regime di Ceaușescu e chiedono a Nadia Comaneci di seguirli nella loro impresa. Nadia declina, vuole solo tornare dalla sua famiglia in Romania, mentre i tre chiedono asilo e iniziano una nuova vita negli USA.

È solo questione di tempo.
Al rientro in Romania lo scandalo è grande; le autorità sono terrorizzate all’idea che anche Nadia possa seguire le orme dei tre fuggiaschi e le maglie della sorveglianza si stringono. Comaneci non può più uscire dalla Romania ed è sotto costante osservazione dello stato. In quel periodo Nadia ha un nuovo crollo psicologico, tanto da tentare il suicidio ingerendo della candeggina.

Il 27 novembre del 1989, poco prima della Rivoluzione Rumena che metterà fine alla dittatura, Nadia Comaneci fugge. L’impresa è rocambolesca; la donna, che ha all’epoca ventotto anni, cammina per sei ore a piedi e attraversa il confine con l’Ungheria. Ad aspettarla c’è Constantin Panait, pronto a portarla con sé negli Stati Uniti.

La nuova vita di Nadia Comaneci, però, non inizia sotto una buona stella. Constantin, che l’aveva aiutata nella fuga, si rivela per la giovane l’ennesimo padre padrone. Nadia si ritrova di nuovo a subire gravi abusi, di cui non ha mai voluto rivelare troppo, fino a quando casualmente incontra di nuovo Bart Conner.

L’uomo diventa il suo compagno dal 1994 e il marito nell’aprile del ’96; i due si sposano in Romania, dove finalmente Nadia Comaneci è libera di tornare a testa alta e con serenità. La storia di Nadia e Bart sarà coronata nel 2006 dalla nascita del loro unico figlio, Dylan Paul.

Da allora inizia la trasformazione di Nadia Comaneci; da ragazzina manifesto della robotica perfezione di regime a esponente del Sogno americano; un passaggio da un estremo all’altro, con una sublimazione che ha dell’incredibile, anche a livello di immagine.

Nadia, però, pare felice e finalmente capace di lasciarsi alle spalle l’ingombrante passato, ed è questo ciò che conta. Con un’immagine glamour, Nadia si divide tra gli affari, gestendo una palestra col marito, e beneficenza. Non c’è buona causa di cui Nadia non si sia fatta portavoce negli anni, rivestendo inoltre una serie di importanti cariche.

La storia di Nadia Comaneci è quella di una donna – una ragazzina – che ha conosciuto meglio di chiunque il duro prezzo della perfezione; un saliscendi tra successo e abusi, perdizione e riscossa col premio più ambito alla fine del percorso: l’equilibrio.

Torna in alto
Facebook