Il 28 dicembre del 1879 è ricordato per il tremendo disastro del Tay Bridge, in Scozia. L’incidente ferroviario costò la vita ad almeno sessanta persone; le sciagure – si sa – non vengono mai da sole, e infatti William McGonagall decise di dedicare alla tragedia una poesia.
La poesia più brutta della storia.
William Topaz McGonagall ha scritto nella sua vita oltre duecento componimenti, ritenendosi uno dei poeti migliori di tutti i tempi.
La critica è unanime nel riconoscere la sua unicità, solo in un altro senso: McGonagall è passato alla storia come il poeta peggiore di ogni tempo.
Luglio, 1878, Balmoral
Deve essere stato uno spettacolo ben bizzarro quello che si trovarono davanti le guardie del castello di Balmoral, quel giorno del 1878. Un uomo sulla cinquantina arrivò al loro cospetto dopo aver percorso ben 97 chilometri a piedi, per di più sotto un violento fortunale. La distanza è quella che separa Dundee da Balmoral, residenza estiva della Regina Vittoria.
L’uomo, manco a dirlo, è William McGonagall: ha saputo della morte di William Tennyson, poeta laureato, e vuole prendere il suo posto a corte. Le guardie lo respingono, in più la Regina in quel momento non è al castello. William, maestro nell’arte del cherry picking – o, se volete, suppressing evidence – delle varie informazioni ne ritiene solo una.
La Regina non c’è, altrimenti senza dubbio l’avrebbe ricevuto.
Negare l’evidenza è un’abitudine che William McGonagall porta allo stato dell’arte.
Attivo a lungo nel settore tessile, l’uomo per anni coltiva la passione per la recitazione.
A volte arriva a pagare pur di recitare al teatro di Dundee, dove vive, prototipo dei moderni scrittori paganti o self publisher. Altre volte, gli impresari lo vogliono perché recita talmente male che la gente affolla il botteghino giusto per farsi quattro risate.
In una celebre – o famigerata – versione del Macbeth, rifiuta di farsi uccidere da MacDuff; teme che la scena possa oscurare il suo astro, così si ribella pervicacemente all’opera di Shakespeare, tra risate, frizzi e lazzi del pubblico. Quella volta, però, William esagera, e il teatro si trova costretto a espellerlo.
Nel 1877, improvvisamente, McGonagall ha la folgorazione per la poesia.
L’uomo – in una sorta di esperienza mistica – perde i sensi e avverte la presenza di una fiamma; come già detto da Lord Byron, è la fiamma dell’ispirazione, che gli fa capire il suo destino: scrivere poesie.
Il suo primo componimento si intitola An Address to the Rev. George Gilfillan.
Il Reverendo – inopinato bersaglio delle liriche – commenta con arguzia che sicuramente “Shakespeare non ha mai scritto nulla del genere”. William McGonagall, come nel suo stile, non coglie l’ironia e fa sua la critica di Gilfillan; da quel giorno si sente secondo solo al grande bardo britannico.
Beautiful Railway Bridge of the Silv’ry Tay!
Alas! I am very sorry to say
That ninety lives have been taken away
On the last Sabbath day of 1879,
Which will be remember’d for a very long time.
Così inizia il terribile componimento dedicato alla tragedia del Tay Bridge; la metrica è maldestra, le rime banali e il vocabolario basico. Alcuni paragonano le sue liriche a versioni involontariamente umoristiche di guide turistiche. La scelta dei temi, quasi sempre oscure tragedie, aggiunge un tocco macabro.
La sua assoluta mancanza di talento e capacità sfiora il parossismo; per assurdo, le sue poesie sono talmente indiscutibilmente brutte da rasentare il genio.
William McGonagall è lo scommettitore che fa zero al Totocalcio, è il giocatore che realizza solo autogol, la squadra che perde tutte le partite.
In poche parole, un vero e proprio unicum.
In più, William ha una caratteristica che lo rende l’ideale bersaglio del sarcasmo dei suoi contemporanei: è convinto del suo genio al punto di sfiorare l’alterigia.
Viaggia per il mondo cercando di imporre il suo talento lirico; prima a Londra, poi a New York, rendendo tutti edotti sulla sua mancanza di capacità.
Il risulta più appariscente è quello di rimanere senza più una sterlina.
Per sbarcare il lunario, William accetta di esibirsi in un circo, dove legge i suoi componimenti. Un poeta al circo? Sì, ma lo spettacolo ha qualcosa di peculiare.
McGonagall legge le sue poesie, il pubblico lo bersaglia colpendolo con uova, farina, aringhe, patate e pane raffermo, tra le risate generali. I fan sono talmente scalmanati che le autorità si vedono costrette a vietare gli spettacoli.
Fedele ai suoi bias, William McGonagall è quello che prende peggio la decisione; la sua arma impropria è la poesia, e allora ne scrive subito una: Lines in Protest to the Dundee Magistrates.
Manco a dirlo, bruttissima.
L’unico successo della sua vita risale a quegli anni, quando Ode to Sunlight Soap viene scelta da una ditta di saponi per la propria pubblicità.
Quando, con la famiglia, William è costretto a trasferirsi a Perth, gli fanno uno scherzo.
Riceve la carica di Gran Cavaliere del Sacro Ordine dell’Elefante Bianco da parte del re birmano Thibaw Min; ovviamente è una burla, ma lui ci crede a tal punto che da allora aggiungerà il titolo di Sir al suo nome.
Molto si è detto sulle motivazioni che spingessero McGonagall a prendersi così sul serio; l’uomo per tutta la vita continuò a ritenersi uno dei poeti maggiori del suo tempo, sordo a ogni critica, umiliazione e burla in modo quasi eroico. Alcuni hanno ipotizzato che fosse affetto dalla Sindrome di Asperger, versione ritenuta molto probabile.
Fatto sta che il poeta – ridotto in povertà – sopravvive vendendo la sua arte nelle strade o nelle taverne, dove accorrono solo per deriderlo, o per la generosità di amici ed estimatori.
William McGonagan muore – in totale indigenza – il 29 settembre del 1902.
Oltre cento anni dopo la critica continua a ritenerlo il peggior poeta di sempre.
Nessuna rivalutazione, come usa di questi tempi, eppure McGonagan è comunque un personaggio di culto.
A lui sono dedicate strade e piazze, film e documentari, in Scozia la sua – dubbia – fama di poeta è seconda solo a quella della gloria nazionale Robert Burns.
In The Great McGonagall lo interpreta il grande Peter Sellers.
Perfino un personaggio di Harry Potter, Minerva McGonagall, costituisce un tributo alla sua figura.